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    TB BOARD | INTERVISTA A REGINA JOSÉ GALINDO
    TB BOARD | INTERVISTA A REGINA JOSÉ GALINDO
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    INTERVISTA A REGINA JOSÉ GALINDO
    ELISA MUSCATELLI

    Credo nella potenzialità dell’arte di generare dialogo e dibattito
    Credo nella capacità dell’arte di mettere in discussione, rompere l’ordine, creare azione.
    Credo che l’arte sia uno spazio di libertà, uno degli ultimi che ci è rimasto.
    Credo nella qualità incendiaria dell’arte e nella capacità innata della mia mano di generare una scintilla.
    Regina José Galindo

    Elisa Muscatelli – Come descriveresti la tua ricerca a un pubblico che la incontra per la prima volta?

    Regina José Galindo – Sono una poetessa e un’artista visuale e negli ultimi vent’anni ho indagato molto il campo della performance.

    EM – Senza considerare la legittimazione del gesto conferita dall’istituzione artistica, cosa credi che distingua una performance da gesto pubblico e/o quotidiano?

    RJG – Credo che ciò che distingua un gesto quotidiano da uno performativo sia l’intenzionalità di quest’ultimo.

    EM – Cito da una tua intervista: “Il pericolo non è che la nostra coscienza si addormenti, il pericolo è che non ci sia nessuno né nulla a risvegliarci”. Pensi che la performance abbia, più di altri medium, questo potere del risveglio? Come è nata la scelta dell’uso del corpo anziché di medium meno personali?

    RJG – No, non credo che la performance abbia un potere in più rispetto ad altri medium, e la sua forza proviene dalle cose dette e dalla modalità in cui vengono veicolate e dipenderà dall’artista, dal medium utilizzato e dagli strumenti.

     EM – Nelle tue opere hai parlato spesso di “paura. Oggi si parla sempre di più del senso di paura e delle sue implicazioni – individuali, sociali e politiche – legate alla pandemia. Quale significato assume per te oggi il concetto di “paura”?

    RJG – Personalmente la paura è una forza che mi paralizza, la paura la vedo come un’emozione, un riflesso di protezione, perché inizialmente ci paralizza e proprio in quel momento è come se ci fosse una pausa che ci permette di visualizzare le cose da altre prospettive, di prendere forza e affrontare queste situazioni avverse, quindi credo che la paura sia in qualche modo positiva perché è un’emozione che ci permette di respirare e prendere forza. Se non ci blocca definitivamente quindi la paura per me è positiva.

    EM – In molte delle tue opere l’elemento naturale e le dinamiche di potere e sfruttamento che ruotano attorno alla natura sono centrali. Ritieni che l’arte possa avere un ruolo all’interno del dibattito sulle politiche ambientali e per uno sviluppo sostenibile? Qual è il tuo rapporto con la natura?

    RGJ – Credo che l’arte sia uno spazio che ci permette il confronto ed è uno spazio per gli per essere ascoltati, quindi credo che l’arte sia uno strumento per poter discutere di qualsiasi tematica che riguardi lo sviluppo umano e il miglioramento della vita. Oggi, 31 gennaio, per esempio, Bernardo Caal, attivista guatemalteco, sta scontando tre anni di torture in prigione per la difesa delle risorse naturali, in particolare per la difesa del fiume Cahabón, contro una compagnia spagnola. Io sono un’artista e utilizzo questo spazio che mi avete dato e rispondo usando lo spazio dell’arte e in questo modo dimostro che sì, l’arte può essere uno spazio dove poter discutere le tematiche ambientali.

    EM – Concludiamo chiedendo quale sia stato per te un riferimento storico, letterario o cinematografico di grande impatto nello sviluppo della tua carriera artistica e personale che tutti dovrebbero conoscere.

    RGJ – Suppongo che come guatemalteca le maggiori influenze siano venute da persone, pensatori, attivisti, uomini e donne che durante la guerra, il conflitto armato in Guatemala, attraverso la loro espressione e la loro lotta, hanno segnato il cammino e ci hanno aperto la porta per pensare e sognare un futuro possibile e diverso.
    Uno tra questi grandi personaggi è Luis De Lión, e questo è il suo libro “Los Zopilotes y Su segunda muerte”. Luis De Lión, fu un poeta e uno scrittore importantissimo antiguano di San Juan del Obispo, e scomparve nel 1982 per colpa delle forze dello Stato, dopo alcuni giorni di tortura fu giustiziato dall’esercito e il suo corpo non fu mai ritrovato.
    Vi leggerò un frammento di una storia di “Los zopilotes”.
    “Il sudore gli colava sul viso come un piccolo fiume, per un attimo le gambe gli tremavano e ansimava, ma l’angoscia lo spingeva a continuare, non mancava molto ormai. Si intravedevano già le luci del ranch, cambiò il ritmo e avanzò con passi lunghi e frettolosi, era stanco, ma l’angoscia lo sopraggiunse di nuovo, e fece uno sforzo, e un altro ancora, e ancora. – “Fermo! Fermati!” – un uomo armati lo stava raggiungendo, voleva scappare, ma fu fermato dal tono aggressivo dell’uomo che uscì dall’ombra.

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